Industria 4.0 e l’Olanda del '74: fusione e contaminazione

0

Industria 4.0 e Olanda 74Nei primi anni '70 il Fejenoord e l’Ajax vincevano coppe campioni e campionati nazionali come se piovesse. Poi molti dei loro talenti vennero venduti a diversi club europei e iniziò la parabola discendente dei due team.

Fu così che Rinus Michels, CT dell’Olanda nel ’74, costruì la nazionale che doveva affrontare i mondiali di quell’anno fondendo quelli che erano gli organici delle due squadre di club fino all’anno prima. Lo schema di gioco che concepì per quei talenti fu il totalvoetbal (calcio totale), una rivoluzione copernicana del mondo del pallone che dura ancora oggi. I ruoli non erano più scolpiti nel marmo, non esistevano più portiere, difesa, centrocampo, attacco a compartimenti stagni come era stato fino ad allora, ma molti scambi di posizione, diversa contaminazione fra i ruoli. Il portiere Jongbloed, ad esempio, si trovò ad assolvere parte dei compiti del libero, mentre la stella di quella formazione, Johan Crujff, centravanti di ruolo, te lo trovavi spesso in difesa a recuperare palloni e liberare spazio per l’approdo dei difensori in attacco.

Anni dopo Arrigo Sacchi disse che “Da bambino sognavo grazie alla Honved, al Real Madrid e al Brasile. Ma è stata l’Olanda degli anni 70 a farmi perdere la testa. Per me era un mistero. La TV sembrava troppo piccola, avevo bisogno di guardare l’immagine completa per capire cosa stessero facendo.”

L'immagine completa nell'Industria 4.0

Ci troviamo da mesi e mesi a parlare di Industria 4.0 e di smart manufacturing. Gli eventi e i dibattiti – che fioccano sullo slancio degli incentivi della manovra – assomigliano molto a domeniche sportive e bar dello sport in cui molti prendono parola e si improvvisano esperti, danno lezioni, propongono soluzioni. Sovente con competenza.

L’impressione è però che, per vedere tutta l’immagine e afferrare le visioni proposte, non serva affatto uno schermo più grande, come avrebbe voluto Arrigo Sacchi. Le visioni che i nuovi esperti di Industria 4.0 spesso propongono sono facilmente inquadrabili con i televisori degli anni ’70.

Qual è dunque la lezione che impariamo dal total futball? Cosa può insegnare Michels ai neofiti dell’Industria 4.0? Contaminazione e fusione. E guardare l’immagine completa, su uno schermo più grande.

Fusione e contaminazione

Prendiamo ad esempio l’industria alimentare. Se c’è un settore in cui complessità dei processi, articolazione delle filiere e ricchezza di dati proprio non mancano, è il settore alimentare. Le industrie che dettano legge in fatto di trasformazione sono letteralmente al centro di quei processi, filiere e dati. Ma non sempre li governano, o almeno non in modo trasversale. E spesso non guardano l’immagine completa.

dati industria alimentare

Di cosa stiamo parlando? Del fatto che, dal campo alla tavola, ci sono infinite intersezioni, possibili contaminazioni, interdipendenze fra le varie fasi che compongono la catena complessiva. E che le intersezioni interessanti non sono solo fra fasi contigue, cosa già nota e ampiamente analizzata. Bisogna conoscere tempi, quantità e materie in ingresso per poter governare la produzione, e viceversa. Così come prevedere la domanda permette di realizzare il just in time e minimizzare il magazzino.

Ma quante sono le industrie alimentari che tentano di prevedere la domanda a medio-lungo termine e cercano insight su come la domanda si sta modificando, sollecitata da fenomeni in crescita come l’attenzione alla sostenibilità ambientale, per attrezzarsi con nuovi prodotti, con le competenze opportune e con la conversione della filiera?

Guardiamo l’immagine completa e facciamo ordine, servendoci di ogni tipo di informazione, da quelle più tradizionali a quelle più innovative (ad esempio, internet of things, social media e user-generated data).

filiera-alimentare

Qui ne vengono citate alcune, da quelle più interne all’azienda a quelle più remote.

Prendiamo, ad esempio, il cambiamento climatico (aumento delle temperature, evoluzione delle precipitazioni, ecc) e l'impatto sulle diverse fasi del nostro percorso del cibo:

  • Materie prime: come cambieranno le colture? si sposteranno in aree geografiche diverse?
  • Energia: fossile, rinnovabile, bioenergia? cambieranno i costi?
  • Demografia e società: come si concentreranno le masse, in quali aree, aumenterà l’urbanizzazione?
  • Domanda: come la sensibilità ambientale aumentata avrà impatto sul consumo?

Ma soprattutto: quali sono le correlazioni nascoste fra tutte queste fasi? Si potrà pilotare la domanda in modo che gradisca prodotti basati su ciò che le nuove condizioni agricole mi permetteranno? O viceversa: è possibile partire da come si modificherà la domanda per pianificare tutte le fasi precedenti?

Abbiamo anche parlato di sviluppare nuovi prodotti. E’ un processo che richiede energia, tempo e investimenti. E soprattutto rischi. Sapere quale sia la merendina, il raviolo, la bevanda che piacerà al consumatore non solo in fase di lancio, che sia realizzabile considerando materie prime, competenze e linee di produzione che minimizzi i costi, che permetta un miglioramento reputazionale e che sia al di sopra di qualunque sospetto di insicurezza alimentare, richiede dati e analytics. Ma non basta. Bisogna anche:

  • guardarne l’immagine completa: lo diceva anche Einstein che i problemi non possono essere risolti allo stesso livello di pensiero che li ha generati. Così, per il miglioramento di un processo o la soluzione di un problema non ci si può limitare ad utilizzare i soli dati generati da quel processo o da quel problema. Usiamo il pensiero laterale per ipotizzare sorgenti informative anche esterne che portino valore al nostro caso.
  • individuare contaminazioni: qui sono necessari un team interdisciplinare e un metodo di lavoro agile (come nell’innovation lab). Non solo per la conoscenza del valore di business dei dati ma anche per capire come questi possano generare valore in modo olistico quando vengono utilizzati in modo congiunto negli stessi casi d’uso.
  • realizzare la fusione: e infine l’esperienza statistica e l’abilitazione che la tecnologia fornisce per di realizzare la data fusion. Non dimentichiamo che tutte quelle sorgenti di dati hanno formati (spesso destrutturati), sono originati con tempi (real time, streaming) e si riferiscono ad entità (persone, organizzazioni, oggetti, territori) completamente differenti fra loro.

Guardare l’immagine completa, individuare contaminazioni, realizzare la fusione. Come fecero Michels e Sacchi.

Share

About Author

Claudio Broggio

Account Executive, SAS Italy

Claudio has always been exploiting data potentialities since his first Basic coding when he was 10. During his working path he did it in organizations belonging to different sectors: energy, transport, agriculture, water resources, and... nuclear physics. Since he landed in SAS, he has been pooling his cross-sectorial competences and his propension for lateral thinking in order to create new visions for data capitalization by means of advanced analytics. In his free time, Claudio keeps alive such inclinations by cooking, gardening, and playing with his daughters.

Leave A Reply

Back to Top