È inutile negarlo, il digitale ha trasformato (e sta trasformando) il modo di fare impresa. I consumatori vogliono entrare in contatto con le aziende in ogni canale che hanno a disposizione (sito web, social, app, store fisico, call center, ecc…). E le aziende devono essere pronte a soddisfare e prevedere i bisogni di ogni singolo cliente in ogni step del loro customer journey. Dietro un semplice click si nascondono una miriade di dati che, se analizzati e interpretati correttamente, possono costituire la base di una strategia di marketing vincente.
Di tutto questo parleremo il 27 giungo al Vodafone Theatre di Milano all’evento Data Driven Customer Journey. Moderatore dell’evento sarà Riccardo Scandellari (Skande, per chi lo segue sul suo seguitissimo blog). Di seguito una breve intervista che gli ho fatto per avere un’anteprima del suo punto di vista.
1. Skande, quali sono secondo te le tre domande che un CMO dovrebbe porsi in questo momento di continua trasformazione digitale?
Sicuramente chiedersi a quale persona si sta rivolgendo (a che target è indirizzato il suo messaggio). Comprendere il giusto registro comunicativo e il luogo in cui la persona a cui stiamo ‘parlando’ ama informarsi o conversare. Le domande fondamentali sono:
- a quale segmento di pubblico/persona mi rivolgo?
- su quali media/canali lo posso trovare e ingaggiare?
- quali sono i suoi bisogni e come posso aiutarlo?
Ottenere le risposte a queste tre domande, tutt’altro che banali, rende consapevoli e pone in una condizione di estrema lucidità iniziale.
2. Su quali competenze devono far leva i marketer per ingaggiare i clienti nei diversi step del customer journey?
Questo mestiere può arrivare ad un altissimo grado di specializzazione. Devo dire, però, che non conosco, ad oggi, professionisti che siano competenti in ogni singolo aspetto della customer journey. Alcune competenze di base dovrebbero essere nel bagaglio culturale di tutti, a prescindere dal ruolo che ricoprono nel team marketing. Materie strategiche e necessarie sono la conoscenza delle maggiori piattaforme social, il posizionamento nelle ricerche e i canali di promozione (in continuo e costante aggiornamento). Competenze altrettanto fondamentali sono l’analisi dei dati e la misurazione del ritorno sugli investimenti. Tecnica e analisi da soli non sono sufficienti. È necessario creare contenuti consistenti e coinvolgenti e saper gestire la conversazione che ne scaturisce. Il cliente si conquista con il cuore prima che con il cervello.
3. Dal tuo punto di osservazione, che impatto ha la trasformazione digitale sui processi organizzativi aziendali?
Dovrebbe semplificarli, ma per esperienza non è sempre così. Spesso nelle aziende si innova solo a parole. E lo dico perché le frequento e lo vedo spesso.
4. Sei uno dei principali esperti di personal branding in Italia. Come secondo te questa disciplina può aiutare i manager in questa trasformazione inarrestabile?
Il Personal Branding è una materia enormemente sottovalutata dalle aziende. Manager, sales e ogni singolo dipendente possono arrivare laddove l’azienda non è in grado. Suscitare interesse e fiducia verso prodotti e servizi, la singola credibilità personale e il linguaggio tra persona e persona, vale molto di più di un messaggio corporate. Non tutti ne comprendono immediatamente i vantaggi ma l’esperienza insegna che le aziende diventano più credibili attraverso i messaggi dei propri dipendenti e ambassador. I dipendenti ambassador, contemporaneamente, diventano punti di riferimento, si accreditano come esperti di mercato/prodotto. Una competenza di comunicazione aperta e collaborativa (di co-creazione) sempre più richiesta dal mercato.
Questa era solo un’anteprima. Vi aspettiamo tutti all’evento Data Driven Customer Journey il 27 giungo al Vodafone Theatre di Milano.